Per la prima volta in scena al Teatro Verga lo spettacolo scritto da Salvatore Zinna e diretto da Elio Gimbo che racconta la complessa ed esemplare storia di famiglia della Marionettistica Fratelli Napoli, dagli inizi ai giorni nostri, a cui fa da sfondo la rivoluzione economica ed antropologica della città di Catania
Nei suoi diciotto anni di vita è diventato una bandiera del teatro contemporaneo catanese, ma anche di un certo modo di fare teatro, di una famiglia che da quattro generazioni vive di teatro, nel teatro. E quale modo migliore di festeggiare la maggiore età, se non nel palcoscenico più prestigioso della città? Domenica 11 ottobre alle ore 19.30 la stagione “Energie” del Teatro Stabile di Catania diretto da Laura Sicignano si inaugura con “L’oro dei Napoli”, una produzione Fabbricateatro che dopo 18 anni di repliche viene ospitato per la prima volta al Teatro Verga di Catania. Lo spettacolo, di cui firma la drammaturgia Salvatore Zinna e la regia Elio Gimbo, racconta la complessa ed esemplare storia di famiglia della Marionettistica Fratelli Napoli dai suoi inizi, nel 1921, fino ai giorni nostri, intrecciandosi con il mutare dei modelli di sviluppo socio-economici della città.
«Fin dagli esordi “L’oro dei Napoli” richiese una definizione propria che identificasse il genere di teatro che lo sostanziava – scrive Elio Gimbo nelle note di regia -; né prosa, né animazione erano i territori propri ed esclusivi di uno spettacolo dove per di più gli attori mettevano in scena se stessi. La definizione che escogitai fu “autodramma di famiglia” che mi parve descrivere compiutamente il senso del lavoro dei pupari-attori e ciò a cui gli spettatori avrebbero assistito, tale definizione riassume anche la vitalità di uno spettacolo che nel corso degli anni ha incarnato il dolore familiare per la scomparsa di alcuni dei protagonisti iniziali – Italia Chiesa e Salvatore Napoli – e la gioia per l’arrivo dei nuovi nati: Ginevra, Carlo e Italo Napoli. Da quegli esordi le spiagge si sono moltiplicate e la bandiera sventola ancora per le grandi occasioni; l’ultima è aprire la nuova stagione del Teatro Stabile di Catania».
“L’oro dei Napoli” vede in scena tutti i componenti della famiglia di pupari, quelli in carne ed ossa insieme ai pupi storici – componenti della grande famiglia anche loro e veri testimoni di questo racconto, perché compagni di tutte le generazioni della famiglia Napoli -, di ogni misura e dimensione, per raccontare in modo corale la storia della loro famiglia ma anche quella di una città, Catania, lungo tutto un secolo. I racconti familiari si agganciano metaforicamente alle storie che attingono alla tradizione, seguendo una immagine di base, poetica, che è quella del naufragio.
«Il prossimo anno la Marionettistica compie un secolo di attività senza soluzione di continuità – dice Fiorenzo Napoli – e con i più piccoli della famiglia, che hanno dai 3 ai 10 anni, siamo già alla quinta generazione. Questo spettacolo porta in scena un miracolo, quello della continuità, della lotta, del superamento di un momento di grande crisi: l’avvento della modernità degli Anni 60 che scardinò tutti i rapporti atavici che legavano il pubblico dell’opera dei pupi. Si trattava di un sistema di comunicazione, affetto, amore, continuità e di sapere quello che legava la gente al puparo: perché l’opiranti non presentava uno spettacolo, ma celebrava una messa, a cui il pubblico partecipava intensamente, visivamente ed emotivamente, fino a volte a superare il concetto di spettatore passivo, per diventare deuteragonista della scena».
La messa in scena innesta così la storia della famiglia Napoli alla rivoluzione antropologica ed economica della città, attraversando quello che fu il tramonto dell’artigianato sostituito da un nuovo modello di sviluppo economico: l’edilizia. Con il boom economico della fine degli Anni 50, che a Catania coincise con lo sventramento del quartiere San Berillo, il teatro dei pupi andò in cantina.
Per tutti, ma non per la famiglia Napoli, che intuì la necessità di apportare sostanziali modifiche a un modo di fare teatro radicato nella tradizione. Ed è grazie a questi piccoli grandi cambiamenti che il teatro della famiglia Napoli è riuscito a sopravvivere, mentre tutti gli altri morivano, più all’estero che in Sicilia. “L’oro dei Napoli” racconta di una famiglia e di un teatro fatto di resistenza, ma anche di un modello antropologico unico, che continua a resistere all’interno di un meccanismo ancora esclusivamente a gestione familiare.
«In questi 18 lunghi anni talvolta ci siamo chiesti come mai il teatro pubblico della città non aprisse le proprie porte a questo spettacolo così particolare, così potente nel mettersi in contatto con le biografie personali dei suoi spettatori – conclude Gimbo -, probabilmente finora non vi sono state le condizioni affinché ciò accadesse, e la condizione che oggi rende possibile questo nuovo esordio coincide eloquentemente con la presenza per la prima volta di un direttore artistico non catanese. Anche per questo a Laura Sicignano, a Lina Scalisi e a tutto il consiglio di amministrazione del Teatro Stabile va la nostra gratitudine per una scelta colma di sentimento e una solidarietà partecipata per questa nuova stagione teatrale, doppiamente importante proprio per il momento delicato in cui si intraprende».
L’ORO DEI NAPOLI
Autodramma di famiglia
Drammaturgia Salvatore Zinna; Alessandro e Fiorenzo Napoli per le scene dei pupi
Regia di Elio Gimbo
Con Fiorenzo Napoli, Davide Napoli, Dario Napoli, Marco Napoli, Agnese Torrisi, Anna Napoli,
Giuseppe Napoli, Alessandro Napoli, Ginevra Napoli, Rosario Napoli, Carlo Napoli, Italo Napoli
Luci e fonica Simone Raimondo
Produzione Fabbricateatro
Biglietti
Spettacolo fuori abbonamento. Posto unico: 16 euro
Maggiori info: www.teatrostabilecatania.it, FB, Instagram
Note di regia
Può uno spettacolo diventare una bandiera? Il destino de L’oro dei Napoli sembra proprio riassumibile così: essere diventato nei suoi diciotto anni di vita una bandiera nel vento del teatro contemporaneo catanese. La bandiera di una storica famiglia teatrale, quella dei Napoli pupari da quattro generazioni, la bandiera di un modo di realizzare il teatro, quella di Fabbricateatro relativa all’incrocio tra attori e pupi all’interno dello spettacolo.
Fu nel 2002 che Fiorenzo Napoli, Salvatore Zinna ed io, pensammo di inscrivere, in una drammaturgia e in una messa in scena, la complessa ed esemplare storia di famiglia della Marionettistica dai suoi inizi nel 1921 fino ai nostri tempi. La storia della famiglia incrociata con il mutare dei modelli di sviluppo socio-economici della nostra città natale. Partimmo da un’immagine suggestiva e feconda che ancora oggi attraversa lo spettacolo: una famiglia di pupari che attraversa un naufragio generale, quello dello sviluppo consumistico, tenacemente aggrappata ad un relitto contenente un tesoro; superate le onde e i marosi, il relitto approda ad una spiaggia dove i naufraghi sopravvissuti mostrano il proprio tesoro alla civiltà nuova che popola quelle terre, alla fine riprenderanno il mare per scomparire nell’orizzonte alla ricerca di altre spiagge e di altre civiltà a cui mostrare il medesimo tesoro. Fin dagli esordi L’oro dei Napoli richiese una definizione propria che identificasse il genere di teatro che lo sostanziava; né prosa, né animazione erano i territori propri ed esclusivi di uno spettacolo dove per di più gli attori mettevano in scena se stessi. La definizione che escogitai fu “autodramma di famiglia” che mi parve descrivere compiutamente il senso del lavoro dei pupari-attori e ciò a cui gli spettatori avrebbero assistito, tale definizione riassume anche la vitalità di uno spettacolo che nel corso degli anni ha incarnato il dolore familiare per la scomparsa di alcuni dei protagonisti iniziali – Italia Chiesa e Salvatore Napoli – e la gioia per l’arrivo dei nuovi nati: Ginevra, Carlo e Italo Napoli.
Da quegli esordi le spiagge si sono moltiplicate e la bandiera sventola ancora per le grandi occasioni; l’ultima di queste sarà l’11 ottobre, quando le toccherà aprire la nuova stagione del Teatro Stabile di Catania. Oltre trent’anni fa iniziai proprio in questo teatro il mio apprendistato teatrale con Giuseppe Di Martino, dopo scelsi di svolgere la mia vita artistica in una nuova casa costruita con le mie mani, alla ricerca di una indipendenza espressiva ed economica difficilmente realizzabile attraverso la dimensione dello scritturato, così nel 1992 nacque Fabbricateatro . Perciò, come nella parabola del figliol prodigo, sento adesso tutto il felice spaesamento del ritorno a casa.
Sarebbe potuto accadere prima? In questi 18 lunghi anni talvolta ci siamo chiesti come mai il teatro pubblico della città non aprisse le proprie porte a questo spettacolo così particolare, così potente nel mettersi in contatto con le biografie personali dei suoi spettatori; probabilmente finora non vi sono state le condizioni affinché ciò accadesse, e la condizione che oggi rende possibile questo nuovo esordio coincide eloquentemente con la presenza per la prima volta di un direttore artistico non catanese. Anche per questo a Laura Sicignano, a Lina Scalisi e a tutto il Consiglio di amministrazione del Teatro Stabile va la nostra gratitudine per una scelta colma di sentimento e una solidarietà partecipata per questa nuova stagione teatrale, doppiamente importante proprio per il momento delicato in cui si intraprende. (Elio Gimbo)